Quante volte, in questi giorni, abbiamo pensato alla nostra amata fotografia. Personalmente tanto, forse anche troppo. Sessantuno giorni di completa solitudine forzata ed improvvisa mettono a dura prova chiunque ma danno modo di pensare profondamente, a doppi giri, su molte cose… in primis, per l’appunto, alla nostra amata materia. Ho pensato a più riprese su come, ad esempio, cambierà l’approccio alla strada, l’interazione con ciò che ci circonda e come evolverà il paesaggio urbano soprattutto in questo primo periodo di convivenza con il maledetto virus. Non ho tirato in ballo la natura in quanto credo possa proseguire con il suo “naturale” percorso, virus o non virus… anzi, starà sicuramente approfittando dei minori spostamenti dell’uomo distruttore per riappropiarsi – almeno momentaneamente – di spazi e luoghi dimenticati. Ma la città no. L’urbe è già cambiata profondamente e di certo non serve un occhio chissà quanto esperto per accorgersene. Lo vediamo ogni volta che mettiamo il muso fuori da casa. Ogni spostamento è segnato da nuove visioni alle quali non eravamo abituati e nell’osservare la “nuova vita” io, fotografo di strada, mi muovo confuso cercando di capire come interpretare i nuovi elementi che si configurano durante le file ai supermercati, nell’ancora raro (per fortuna) passeggiare, lungo i marciapiedi dove la gente quasi inevitabilmente si schiva fornendo del tutto incosapevolmente nuovi spunti e nuovi visioni che vanno a piano a piano digerite e trasformate nelle immagini che racconteranno, nel prossimo futuro, di questo incredibile periodo che stiamo attraversando. Siamo ad un crocevia epocale per la razza umana, ci credo moltissimo, soprattutto in senso positivo (anche se ho una paura fottuta che vada tutto a rotoli…) e sto cercando giorno dopo giorno di trasformare ogni dubbio in uno spunto e l’incertezza nello stimolo necessario ad approcciare la nuova vita di strada. Uno spunto, ad esempio, è arrivato dritto come un jab in pieno volto nella prima mattina di fase 2, durante una normalissima coda per acquistare tabacco. Un qualcosa di semplice che  ha sbloccato il “timore” ed il silenzio assordante di questi giorni, aiutandomi nel fare chiarezza e concretizzare quanto detto prima: la città, la nostra vita, il cambiamento improvviso e radicale, la fotografia. Uno scatto eseguito con lo smartphone …e qui apro una lunghina, doverosa parentesi: sono uscito volutamente SEMPRE senza macchina fotografica, anche in piena quarantena, durante le rarissime uscite per fare la spesa, poichè in questi giorni di totale confusione sentivo il bisogno di semplificare il più possibile il nuovo approccio alla strada e a dirla tutta non avevo granchè voglia di fotografare perchè dovevo forse prima capire cosa stava realmente succedendo intorno a me… e qui chiudo la parentesi….dicevamo, uno scatto eseguito veramente in modo casuale, di quelli che alla fine ammufiscono nel telefono e muoiono nell’ennesima cartella di backup “telefono_aprile_bla bla bla” o al più potrebbe essere buona per qualche storia instragram (… ma io di storie non ne faccio e quindi solo muffa) ma che però ad una seconda visione, sulla stada di casa, ti fa accendere una lampadina decisiva.

Quella lampadina mi diceva che tempo fa avevo catturato una fotografia proprio nello stesso punto (in realtà ero leggermente più a sinistra, in un momento della giornata/stagione totalmente differente e con uno strumento diverso)… cosa che capita normalmente  ma che questa volta ha un sapore del tutto diverso perchè avrei potuto scattare anche nello stesso identico punto, nella stessa identica stagione, e con lo stesso identico strumento (ed eseguire lo stesso sviluppo… se non ricordo male monochrome direttamente in Camera Raw su file RAF) ma la fotografia sarebbe comunque risultata totalmente diversa. E’ impressionante come cambia in breve tempo lo scenario: oggi il muro pulito taglia fuori possibili elementi di interesse e l’essere umano porta una mascherina davanti al viso che cambia totalmente la sua presenza all’interno del contesto urbano. I volti sono nascosti, sembrano più cupi, preoccupati… sembra come se all’improvviso il contesto avesse superato l’importanza del volto umano, portandolo almeno momentaneamente in secondo piano. Il non poter osservare gran parte del viso ci porta inevitabilmente a modificare il modo in cui osserviamo ciò che ruota intono a noi. Uno scatto che, molto probabilmente non è neanche tutta questa bellezza ma che mi ha fatto capire che è possibile, anche in questa paradossale situazione, dare un contributo visivo/fotografico importante. Basta in fondo capire come mettere insieme i pezzi del puzzle e fare un pò di chiarezza in mezzo a questa improvvisa tempesta.

Ecco la fotografia scattata due anni fa nello stesso punto!

Tutto questo rafforza la potenza di un concetto che più di altri amo della fotografia di strada ma credo della fotografia più in generale, o quasi, anche perchè nello still life se una pera è marcia la si cambia con un mandarino o con una nuova pera, nella fotografia di studio se una modella non ti ha convinto la volta dopo ne chiami una più bella e cosi via…. no credo sia una questione rivolta solo alla fotografia di strada, non lo so, magari ne parleremo in futuro. Ah, già… scusate, il concetto: ciò che realizziamo fotograficamente durante il quotidiano è destinato ad esaurirsi o a cambiare nel brevissimo tempo ed è grazie alla fotografia di strada e al nostro silenzioso lavoro che una visione può durare nel tempo portando l’osservatore a vivere un qualcosa che in realtà già non esiste più… e chi ha fotografato, a rivivere il ricordo di un’azione che è esisitita per la durata di un piccolissimo instante.

In ogni caso, da oggi, porterò con me la mia piccola e discreta Fuji…ho tanta voglia di raccontare per chi vorrà ascoltare e la Fase 2 è appena iniziata: c’è confusione si ma in fondo è sempre quella.

W la Fotografia!

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