Parto chiedendo immediatamente scusa perchè questo racconto doveva essere la seconda fase del primo articolo scitto più o meno all’inizio della FASE2, ma il tempo che corre e la vita più o meno incerta di questi giorni mi hanno portato ad una deviazione secca, rapida e momentanea. IO non volevo condividerlo ve lo giuro ma è un po’ come se la quarantena mi mancasse a volte… (in senso ironico, ma non troppo).

Voglio farre un passo indietro ed in controtendenza con il momnto che ci vede proiettti fortemente all’esterno alla continua ricerca di rapporti ed ossigeno, volgio tornare a quando eravao costretti in casa, tutti uguali, accomunati dalle stesse emozioni e da situazioni incredibilmente nuove per tutti. Ho provato a resistere con tuto me stesso  ma il tempo ha vinto, come spesso accade, sopra ogni cosa. Settanta giorni di quarantena completamente solitaria hanno messo a dura prova  il mio comparto social-cerebrale (che non sguazzava già nell’oro prima del COvid ad essere sincero) portando a galla, prepontantemente, le circa centotrentasette sfaccettature che sonnecchiavano avidaemnte negli abissi della psiche, nascosti  della vita ordinaria e scoperti con preopotenza durnte una “qualssasi” quarantena da pandemia mondiale.

Settanta giorni in cui, come per tutti, tutto si è fermato e tutto, o quasi, è profondamente cambiato. Settanta giorni dove mi sono ritrovato a chiamare senza motivo l’ascensore di casa, giusto per vedere muoversi qualcosa intorno a me (e un po’ pure perchè mi mancava il suono che emette l’ascensore ogni volte che arriva ad un piano… ma questo era un mezzo segreto da quarantena… sputtanato! 😅).

Ps: le seguenti foto sono una prova tangibile di quello che ho appena detto…. l’ascenore ad un certo punto era come il punto di connessione con la vita esterna.

Vabè, una storia lunga e complicata in ogni caso da raccontare su un blog 🤣

 

Chi dimenticherà mai i Giorni in cui mi sono trovaro a giardare fuori dalla finestra per ore cercamdo la strada da una fessura della tenda in balcone. Sere in cui guardavo il televisiore senza capire cosa stessero proiettando… giorni in cui ho sofferto, giorni in cui ho gioito…. giorni in cui ho sofferto-gioito-sofferto-gioito-sofferto e cosi via per un nuemro imbarazante di volte…..giorni che ho letto, tantissimo… giorni in cui Netlix era quasi una amico….. giorni – tanti… tutti – che mi sono trovato a mangiare da solo, sotto la solita luce che accompagnava ogni pasto con le solite ombre ed i soliti dubbi. Giorni in cui la cosa più insignificante della casa diventa uno spunto da ossrevare ed un qualcosa con cui parlare, anche da solo, perchè bhè…si snoo statao colito dalla sindorme di Maria Pia, mia madre…che parla regolarmente con lo scopettone, con l’laspiratore e con le pezzette di risciaquo per igenizzare il bagno e devo dire che ho scoperto definitavamebte una cosa: loro non possono risponderti anche se a guardare mia madre ero convinto di si.

Giorni di spostamenti limitati al lumicino.
Giorni di timori e preoccupazioni in cui fare la spesa diventava anche la scusa per tornare ad osservare la vita
I primi timidissimi approcci fotografici… i primi tentativi di raccontare quello che stava accadendo, la voglia (se nella vita ti capita di appassionarti alla fotografia puoi capirmi) di creare un ricordo sotto forma di immagine. Quella sensazione stranissima di uscire anche solo per un secondo dal guscio protettivo della casa. Sembrava quasi, volendo fare un paragone con gli amici Lupi, di lascire la tana scoperta… o almeno era questa la sensazione che avevo in quei giorni quando scendevo in strada.

Quartiere di PIetralata, Est di Roma, durante i giorni di Lockdown.

Se c’è un aspetto che più di altri mi ha profondamente colpito durante la solitudine del Lockdown è stato quello di aver finalmente percepito la casa come rifugio, come alcova dove niente e nessuno può ostacolare emozioni, stati d’animo e comportamenti. Già perchè, se come me, eri abiutato a vivere e concepire casa come appoggio per dormire, bhè… il lockdown ha sicuramente contribuito a confutare in modo deciso le modalità con cui si è abituati a vivere la casa. E’ cosi che quando arrivava la sera iniziavo ad accorgermi che davvero tutti eravamo nella stessa condizione. Come mai fatto prima, mi divertivo a contare le luci delle finestre ed incredulo scattavo qualche fotografia.  E’ incredbile come le cose che abbiamo intorno possano evolvere e cambiare in termini di importanza visiva in cosi breve tempo, scossi da questo evento che in qualche modo ha cambiato le nostre vite. 

E’ Per questo che tutto ad un tratto, una semplice luce che illumina la cucina, quella da 14,90 euro di Ikea per intenderci, se messa sopra la testa per circa 70 giorni durante ogni pasto (facendo un rapido calcolo…colazione, pranzo, cena… sono circa 210 volte) alla fine è facile che possa diventare qualcosa… quel qualcosa in grado di farti staccare la spina anche solo per un attimo dal presente ed immaginare il ritorno ad una vita libera, la via d’uscita da quella che in alcuni frangenti sembrava diventata la nostra nuova – forzata – routine quotidiana. Forse avevo solo bisogno di uscire da quella situazione, una voglia matta di tornare a vivere a contatto con le persone che amo, una voglia incredibile di tornare con prepotenza a parlare della cosa che forse più di ogni altra stimola la mia mente, la fotografia.
Ed allora forse devo smetterla di vedere quello che ho fatto come un qualcosa da “fuori di testa” ma devo accettare ciò che è stato anche con una sana dose di ironia. Il risultato è un qualcosa che tende in modo generico ad un altra vita e lo fa con assoluta gioia, speranza e come detto prima, ironia: un antidoto al maledetto virus, un arpiglio continuo in cui cercare il (mio) significato di libertà e di evoluzione. Un modo per scappare , anche solo ideologicamnte, dalla solitudine forzata della quarantena e dalle cattiverie della nostra società. Sfuggire ai dogmi ed i pregiudizi… abbandonare il giudizio: Questa è la vera ricerca del mio mondo migliore… l’unica cosa che mi spaventa è che non so se si riesca a trovare qua, ma questo è un altro discorso che vale però la pena di affrontare per arrivare fino in fondo e scoprire la verità…

Via di uscita…. dalla quarantena e dal Covid19:

Nei prossimi articoli parleremo invece del nuovo approccio fotografico-lavorativo, del ritorno in strada e dei primi assaggi di mini vacanze fuori dalla regione di residenza. Ho avuto la fortuna di poter tornare  a lavorare fotograficamente ad alcuni eventi ed il cambiamento dovuto all’uso delle mascherine e del distanziamento sociale (ove seguito … dannazione!) hanno radicalmente cambiato gli scenari, rendendo per alcuni aspetti la fotografia ancor più interessante e stimolante…. ne vedremo delle belle!

Speriamo che il lockdown appena trascorso sia solo una breve parentesi da ricordare!

Viva la Fotografia che rende l'uomo libero!

... e voi, cosa avete fotografato durante i mesi di Lockdown?
Fammelo sapere lasciando un commento nel form qui sotto!